L'evento si svolge nell'arco di 16 giorni in un'area chiamata Theresienwiese, o più brevemente d' Wiesn (il prato, in dialetto bavarese), e si conclude la prima domenica di ottobre. In realtà l'Oktoberfest può durare anche 17 o 18 giorni; questo succede quando la prima domenica di ottobre capita l'1 o il 2 del mese. In questo caso la festa si allunga per chiudersi il 4 ottobre, festa della Riunificazione tedesca. Per l'occasione i sei birrifici autorizzati alla vendita del proprio prodotto, riforniscono i Bierzelte (in tedesco: tendoni della birra) della manifestazione con una particolare birra, una märzen, leggermente più scura e forte sia come gusto che come contenuto alcolico. I Bierzelte ospitano da 3.000 a 10.000 persone e richiedono 2 mesi di tempo per essere allestiti.
Tra i momenti più importanti c'è certamente l'apertura, quando il sindaco di Monaco è chiamato a spillare la prima birra. Per farlo deve inserire, a forza di potenti colpi di martello, il rubinetto nella botte inaugurale. Una volta fatto pronuncia la celebre frase O'Zapft is! (in dialetto bavarese, traducibile come "È stappata!") e la festa ha ufficialmente inizio. Il primo boccale lo riempe il sindaco e lo porge al presidente dei ministri.
I visitatori consumano anche grosse quantità di cibo, in gran parte composto da salsicce, Hendl (pollo) e Sauerkraut, oltre a prelibatezze tipiche della Baviera come lo stinco di maiale.
Per alcuni è semplicemente la più grande sagra popolare del mondo con sette milioni di visitatori l'anno. Per altri rappresenta invece uno degli ultimi rifugi dell'eccesso e dei peccati di gola, in una società dominata altrimenti dai divieti e dalla dittatura del wellness e del corpo sempre in forma. Da duecento anni a questa parte all'Oktoberfest di Monaco di Baviera a dominare, per la durata di tre settimane scarse, sono i tradizionali boccali di birra da un litro, i Weisswürste affogati nella senape a grani dolci, i ciclopici pani Brezel e i polli arrostiti. Una vera isola felice per gli amanti della birra che non badano certo al chilo di troppo, ad un fisico atletico, ad un fegato impeccabile e alle buone maniere a tavola.
Da quando Oktoberfest è Oktoberfest a trionfare è invece l'ingordigia, la sbornia collettiva, i canti popolari prealpini gridati a squarciagola. La prima edizione di questa festa ormai leggendaria si svolse nel lontano 1810 in onore delle nozze tra il principe Ludwig I di Baviera e la principessa Teresa di Sassonia-Hilburghausen e, più che una festa di paese, era una specie di fiera agraria e una passerella dell'orgoglio contadino locale con tanto di buoi, corse di cavalli e mercato ortofrutticolo. Oggi l'Oktoberfest è un gigantesco luna park che occupa un'area di 42 ettari situata sul cosìddetto Theresienwiese - il prato di Teresa - con annessi gli enormi tendoni allestiti dai sei produttori storici di birra di Monaco di Baviera e nei quali trovano lavoro fino a 1800 camerieri. Una ciucca collettiva intercontinentale dove bavaresi, italiani, americani e giapponesi consumano in 18 giorni qualcosa come sei milioni e mezzo di litri di birra e mezzo milione di polli arrosto.
In occasione del bicentenario dell' Oktoberfest del 2010 il museo municipale di Monaco di Baviera alllestì un'interessante mostra che ripercorreva la movimentata storia di una festa popolare che i regnanti e i potenti di terra tedesca hanno spesso visto con diffidenza e con sospetto.
Già ai monarchi bavaresi l'Oktoberfest, è sempre apparso come un covo di potenziali rivoluzionari, perditempo e attaccabrighe, mentre nel periodo del cosìddetto «Terzo Reich», ai gerarchi nazisti non riuscì subito di strumentalizzare propagandisticamente una festa tanto sacra ai cultori del folklore indipendista bavarese ed immune alle infiltrazioni esterne.
Anche se sulla Theresienwiese vigevano le leggi razziali che vietavano l'ingresso ai cittadini di fede ebraica, solo nel 1937, quattro anni dopo la presa di potere da parte dei nazionalsocialisti e pur sempre un anno dopo la spettacolare ed inquietante auto-messa in scena del regime, in occasione dei giochi olimpici a Berlino, il partito di Adolf Hitler ordinò di «decorare» a festa anche l'Oktoberfest con centinaia di bandiere con la svastica.
Ma il Führer, altrimenti elettrizzato dai raduni di massa oceanici come quelli ad esempio di Norimberga, non mise mai piede alla «Festa di ottobre», ma si limitò ad ordinare l'introduzione di un prezzo politico assai modesto e alla portata di tutti per i boccali di birra da un litro. Una misura accolta - manco a dirlo - molto favorevolmente dal popolo autoctono. La mostra monacense non approfondì purtroppo in modo esaustivo quel interessante capitolo storico, vuoi per imbarazzo, vuoi per un riflesso di rimozione, o semplicemente per non guastare il filo conduttore ludico e divertente che altrimenti domina l'intero tracciato espositivo.
Grazie alla sua lunga storia, l'Oktoberfest è anche un efficace specchio antropologico delle diverse epoche, del modo di trascorrere il tempo libero e - perchè no? - anche del processo emancipatorio politico di un intero popolo. Concepito come festa nazionale della monarchia bavarese, l'evento si è via via trasformato in una sagra del popolo e quindi in una manifestazione «democratica». Negli anni della Prima e della Seconda guerra mondiale, come durante la grande crisi economica nel 1923 e 1924 non si è svolto nessun Oktoberfest.
La grande svolta arriva con il boom economico del dopoguerra. In una Germania che vuole dimenticare il suo scomodo passato, da sagra paesana e genuina, la manifestazione si trasforma in un evento di massa e in un bussines planetario con un fatturato annuo di 700 milioni di euro. Un successo che costringe gli organizzatori a fare sempre nuove concessioni alla cultura imperante del wellness.
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